La gastronomia siciliana è forse la più antica del nostro Paese, oltre che la più ricca di specialità e la più ‘scenografica’. Socrate, nel Gorgia di Platone, cita Mithaicos, autore del trattato sulla cucina siciliana; Archestrato, nato a Gela, durante gli anni di Pericle scrive ricette sotto forma di poesia; la gastronomia ateniese preferisce la cucina siciliana, gustosa ed evoluta nei metodi di preparazione e negli accostamenti dei gusti. Le vicende storiche della Sicilia hanno ovviamente avuto un ruolo nelle usanze e nei costumi e la cucina di oggi è passata attraverso il filtro delle civiltà che sino al secolo scorso hanno influenzato il modo di vivere dei siciliani: greci e romani, arabi e normanni, angioini e aragonesi, spagnoli e inglesi. Per quanto riguarda la pasta asciutta sono infinite le varietà: la pasta in Sicilia è un piatto fondamentale, il cui nome più antico era ‘maccarunne’, da ‘maccare’, cioè schiacciare (il grano) per impastare. Dagli spaghetti alla Norma, agli spaghetti con il nero delle seppie; gli spaghetti all’aglio, olio e peperoncino soffritti con caciocavallo grattugiato; la pasta con broccoli al tegame, e la ben nota pasta con le sarde in cui i maccheroni vengono conditi con un ragù di sarde insieme a finocchio selvatico, uva passa, pinoli e zafferano. E che dire dei cannelloni, con diverse varietà di ripieno a seconda delle località?

Nella gastronomia siciliana il cibo invernale è il ‘maccu’, purea di fave secche ridotte a pasta con l’aggiunta di olio, un pasto da cucina ‘povera’ che tiene conto dell’importanza dei legumi abbondanti esistenti in Sicilia. Rimanendo alla pasta, ecco le ‘schiacciate’, ottime nelle località orientali e sulla riva tirrenica. Sono sfoglie di pasta dura al forno con ripieno di formaggio tenero (la ‘tuma’, di produzione locale, poco piccante), acciughe, pepe, sale. L’abbondanza della pesca, almeno sino agli anni più recenti, la presenza del ‘pesce azzurro’ e la diffusa pesca subacquea hanno incrementato l’uso del pesce nell’alimentazione siciliana. Un altro dei piatti famosi della Sicilia è la caponata, a base di insalata di polipetti, sedano, melanzane e sugo di pomodoro in agrodolce. Una versione più ricca comprende capperi, olive, bottarga, pesce spada, aragosta, carciofi e punte di asparagi. Se poi si vuole aggiungere ancora qualcosa, la si copre di salsa di San Bernardo, a base di cioccolata amara, mandorle e zucchero, con un tocco decorativo fatto di uova sode, olive farcite e code di gamberi.

Sempre a base di melanzane, che sono una delle verdure più usate nell’isola, è molto nota la parmigiana di melanzane che a sua volta può essere più o meno ricca, con variazioni sul tema. Ma ciò per cui la Sicilia è realmente famosa nel mondo, sono i sorbetti (dall’arabo ‘sciarbat’), i gelati e i dolci. La cassata siciliana, i cannoli di ricotta, la ‘cuccia’, dal nome arabo, a base di grano mischiato con miele o ricotta; le cotognate, preparate in formelle di vario tipo che dal ‘700 in poi fanno parte dell’artigianato popolare. E poi ancora la pignolata (farina, uova, zucchero e, se si vuole, cioccolata in polvere), il ‘gelo’ di melone, polpa di cocomero con zucchero, amido, cioccolato, pistacchio, il tutto da far gelare in frigo. Non si può non ricordare la frutta di Martorana e la pasta reale, che assume varie forme, secondo il luogo di produzione; i biscotti di pasta di mandorla e i torroni divario gusto; le ‘ossa di morto’, biscotti invernali a forma di teschio che utilizzano chiara d’uovo, zucchero e mandorle triturate. La pasta reale, a base di pasta di mandorle, è forse il dolce che meglio rappresenta la caratteristica tipicamente siciliana della ricerca del verosimile e del gusto per la rappresentazione: la consistenza morbida e plasmabile della pasta permette infatti di modellare frutti che, colorati con sostanze alimentari, sfidano quelli veri.