Le sue origini si collocano in un periodo storico in cui, a partire dalla fine del Cinquecento fino al Settecento, sorsero nuovi centri in posizioni più favorevoli allo sviluppo dell’agricoltura rispetto alle rocche fortificate. A differenza di altri centri, per i quali fu chiesta la licentia populandi, concessa dallo Stato Spagnolo che allora governava la Sicilia, che consentiva di fondare un centro urbano godendo di alcuni privilegi per il fondatore (il titolo di principe o grande di Spagna o un voto in più in parlamento), Ribera fu fondata da Luigi Guglielmo Moncada, già principe di Paternò, al fine di creare un centro-appendice di Caltabellotta nella piana di Stampaci. Il fine era quello di farvi trasferire gli enfiteuti con le famiglie non come coloni, ma come cittadini. Ciò per evitare l’emigrazione da Caltabellotta, di cui pure Giovanni Moncada era Signore, ad altri nuovi centri ove i feudatari concedevano case e terre a censo, sgravi fiscali e l’esonero dai debiti contratti nel luogo d’origine. Le case del primo quartiere, attualmente chiamato Sant’Antonio, e la prima chiesa ormai non più esistente dedicata a San Nicola di Bari, eletto patrono del paese, furono costruite nel punto più alto del territorio, sul Piano San Nicola. A differenza degli altri feudatari o Signori, Luigi Guglielmo Moncada non risiedeva nel nuovo centro, poiché il suo interesse per esso fu strettamente economico, anzi nel tempo fu costretto ad affittare i suoi “Stati”, cioè la città con i feudi circostanti, fino a quando il suo patrimonio fu amministrato dalla cosiddetta “Deputazione degli Stati”, un organismo voluto dal Re di Spagna per curare i patrimoni feudali in passivo.

Per questo motivo Ribera non si ritrova tra i suoi monumenti, come avviene invece negli altri centri, né palazzo del Principe, né chiese e monasteri di rilievo, poiché a quel tempo si attribuiva grande importanza alla presenza dei religiosi, che influivano oltre che sulla vita religiosa anche su quella civile e culturale della popolazione. I documenti storici che attestano le origini di Ribera sono due: un atto notarile con cui il Principe nominò un secreto, uomo di sua fiducia, per concedere in enfiteusi la piana di Stampaci e iniziare la pianificazione della città; ed il resoconto degli anni 1635-38 che l’amministratore Spataro presentò al Principe nel 1639, dove si descrivevano le entrate e le uscite per la costruzione del nuovo centro. Il nome venne assegnato al nuovo centro agli inizi del 1636, in omaggio alla moglie del Principe, Maria Afan de Ribera, figlia del duca di Alcalà. Successivo signore della città fu Giuseppe di Toledo, duca di Ferrandina che vi trasferì i vari feudi presenti nella zona, nonché la sede dell’amministrazione e si adoperò per apportare al paese un forte sviluppo sia demografico che economico. Nel giro di cinquant’anni Ribera si espanse moltissimo, anche in una zona che originariamente era alla periferia del primo quartiere, ma che divenne il nuovo centro, dove fu costruita la seconda Chiesa Madre, più grande e posizionata al centro dell’attuale piazza. Essendo sorta in territorio di Caltabellotta, Ribera rimase a lungo tempo senza un territorio giuridico-amministrativo e i riberesi avevano come territorio di pertinenza “le terre comuni”, anche se potevano praticare gli usi civici in tutti i feudi circostanti. Nel 1784, con ordinanza del Tribunale del Real Patrimonio, l’Università di Ribera ebbe assegnata la propria parte di territorio, compresa tra il Fiume Verdura, il Fiume Magazzolo, il mare e il territorio di Calamonaci.

I Monumenti e le Opere d’Arte di Ribera

La Chiesa Madre

L’attuale Chiesa Madre di Ribera è la terza in ordine cronologico ad essere stata costruita: la prima fu edificata probabilmente sul luogo dove sorgeva un magazzino che fu inizialmente ristrutturato e successivamente ampliato; fu dedicata a San Nicola forse anche dal nome del luogo dove sorgeva (Piano San Nicola). La seconda Chiesa Madre, dedicata a Maria Santissima del Rosario, fu costruita invece, nell’attuale piazza Giovanni XXIII, dopo circa venticinque anni dalla nascita del paese, a seguito della notevole espansione ed incremento demografico. Dopo circa novant’anni dalla sua costruzione, essa venne demolita per lasciar posto alla grande piazza dove nel frattempo era stata costruita l’attuale Madrice, dedicata a Maria Santissima del Rosario. Essa era composta da tre navate, in quella centrale vi era l’altare maggiore dedicato a Maria Santissima del Rosario con sopra la pala d’altare eseguita dal pittore Gaspare Testone nel 1782; nella navata destra vi era l’altare dedicato a San Giuseppe con la statua del Santo; in quella sinistra vi era l’altare del Santissimo Sacramento. Complessivamente vi erano dodici cappelle laterali ed altari, tra cui quelli dedicati a San Gioacchino, San Nicola, Immacolata, San Giuda Taddeo, Addolorata, Santissimo Crocifisso, Sant’Antonio Abate. Nel 1915 fu inaugurato il nuovo prospetto della principale chiesa di Ribera, realizzato con le offerte del popolo, comprese quelle degli emigrati in America. Nel tempo la chiesa fu arricchita di ori, stucchi, capitelli, sacri dipinti e infine anche di un maestoso campanile, che fu inaugurato nel 1926. Quando il terremoto del Sessantotto fece tremare la Valle del Belice, anche Ribera risentì bruscamente delle scosse del 14-15 e di quella del 25 gennaio, che fece vacillare anche il principale tempio del Signore, che già necessitava attente manutenzioni e restauri. La Chiesa Madre attuale era crollata nel 1969, ma è stata restaurata e inaugurata il 14 dicembre 1999.

La Chiesa del Rosario

La costruzione di questa chiesa ebbe inizio verso la fine del 600 per opera della confraternita del Santo Rosario; nel secolo successivo venne completata ed abbellita e successivamente più volte restaurata, poiché era stata costruita senza fondazioni. All’epoca della sua costruzione al suo interno venne dotata di un altare maggiore dedicato alla Madonna del Rosario con l’apposita statua, a cui successivamente si aggiunsero tre altari laterali dedicati a San Francesco d’Assisi, la cui statua si trova attualmente presso l’Istituto delle Suore Francescane accanto alla Chiesa, a San Liborio e San Francesco di Paola, le cui statue o quadri oggi non esistono più. Nel secolo successivo venne aggiunto l’altare della Madonna della Pace, la cui statua era stata scolpita da Francesco e Paolo Reina di Santo Stefano di Quisquina nel 1710 su commissione della confraternita del Santissimo Sacramento. Questa statua è stata sempre utilizzata per l’incontro di Pasqua.

La Chiesa Anime del Purgatorio

La sua costruzione ebbe inizio nel 1686 su iniziativa di Antonino Navarra (antenato del poeta riberese Vincenzo Navarro) e fu completata nel 1775 ad opera del sacerdote Don Giuseppe Arcuri; egli fornì altresì la chiesa di una pala con l’immagine della Madonna tra le anime del Purgatorio, che veniva collocata nell’altare maggiore, e di altri quattro quadri da collocarsi negli altari laterali dedicati al Sacro Cuore, a Santa Margherita di Cortona, al Beato Bernardo da Corleone e a San Vincenzo Ferreri; tutte opere fatte dal pittore saccense Francesco Trisca nel 1783, ed oggi non più esistenti tranne la pala dell’altare maggiore che si trova in una parete laterale della chiesa. Essa è tra i più intatti e bei monumenti che si conservano oggi a Ribera. Si trova in una posizione più elevata rispetto al piano stradale e vi si accede con una doppia scala. Il prospetto, in stile barocco, presenta vari elementi decorativi tipici di quel momento: il portale e la cornice della finestra dalle forme artisticamente elaborate. L’interno è costituito da una sola navata. Sull’altare maggiore vi è la statua della Madonna di Fatima. Anche questo altare è di marmo policromo e la nicchia è racchiusa tra due pilastri posti a spigolo, culminanti in forme particolarmente elaborate. Un altro portale, simboleggiante la porta divina, separa il coro dal restante spazio e si diparte con due lesene decorate con stucchi in oro zecchino e terminanti in modo sfarzoso. Gli altari laterali, in marmi policromi, sono incassati nel muro in nicchie sormontate da archi a tutto sesto, arricchite da stucchi.

La Chiesa di Santa Teresa

Le origini di questa chiesa si intersecano con quelle del quartiere in cui sorge, formatosi negli anni Venti, quando a Ribera si verificava un’importante trasformazione sociale e molti agricoltori affittuari diventavano piccolo proprietari, costituendo una fascia di piccolo benestanti detti burgisi, che cercavano di aumentare il loro reddito prendendo anche in affitto dei terreni dai ricchi proprietari. In quegli stessi anni si pensò ad un orfanotrofio per le giovani orfani di guerra, con annessa una chiesa per l’assistenza del nuovo quartiere. La prima chiesa dedicata a Santa Teresa del Bambino Gesù fu realizzata nel 1938, ma solo un anno dopo crollò, fortunatamente senza vittime. In piena seconda guerra mondiale fu ricostruita la chiesa con le offerte dei fedeli; l’inaugurazione si ebbe nel 1946. L’edificio sacro presenta linee architettoniche moderne, pareti lisce, senza scorniciature e soffitti piani all’interno, un frontone scorniciato con poche modanature sulla facciata esterna arricchita da una porta con ampia soprapporta a finestra. La semplicità dell’ambiente interno è lievemente ravvivata dai marmi e pietre policrome dei tre altari e della balaustra dell’altare maggiore. Unitamente al battistero è stato costruito un campanile in pietra da taglio di tufo calcareo locale.

La Chiesa di San Pellegrino

San Pellegrino è il protettore di Caltabellotta, per cui al sorgere di Ribera in suo territorio, ben presto gli fu dedicata una chiesa. La sua costruzione ebbe inizio prima del 1688, per volontà di un comitato di oriundi caltabellotesi abitanti a Ribera, e fu terminata nel 1722. Al suo interno vi erano l’altare maggiore con la statua di San Pellegrino scolpita da Giuseppe Ratto di Villafranca Sicula nel 1685 e tre altari laterali dedicati: a San Michele Arcangelo, con la statua di autore ignoto e che viene usata per l’incontro di Pasqua; alla Madonna dell’Odigitria oggi non più esistente ed alla Madonna delle Grazie. In tempi più recenti l’altare maggiore venne dedicato alla Madonna delle Grazie ed il quadro sostituito con la statua; San Pellegrino veniva posto in un altare laterale, mentre scompariva totalmente l’altare della Madonna dell’Odigitria.

Il Castello di Poggio Diana

Inserito in un contesto paesaggistico di straordinaria bellezza, nella zona ad ovest di Ribera, in una piana attraversata dal tratto terminale del Fiume Verdura, si possono ammirare le rovine di un castello, il cui elemento architettonico principale è una torre cilindrica, esile e slanciata, con bastionature cinquecentesche sopra le quali si aprono ampie ed eleganti finestre. È il castello di Poggiodiana, edificato nel XVI secolo sul sito di un antico casale arabo. Del casale si parla in un documento del 1293, successivamente a questo periodo il feudo ed il casale ebbero diversi proprietari fino a giungere in possesso di Guglielmo Peralta che nel 1398 lo vendette a Bernardo Berengario de Perapertusa. Dall’atto di vendita emerge che nel casale era già stato edificato un castrum. Nel periodo dal XV al XVI secolo il casale non era più abitato, per cui Misilcassim era solo un feudo all’interno del quale si trovava un castello ed una torre. Fu intorno agli anni Sessanta del XVI secolo che fu cambiato il nome da Misilcassim a Poggiodiana, forse in onore di Diana Moncada. Quando fu fondata Ribera e pertanto la vita economica del feudo si spostò al nuovo centro, il castello divenne sempre meno utile e declassato al rango di baglio agricolo; pian piano sia perché si trovava in una posizione scomoda per un utilizzo come masseria agricola, sia per gli elevati costi di manutenzione, il castello fu disabitato e abbandonato. Le rovine esistenti sono costituite principalmente da un’alta e sottile torre cilindrica impiantata direttamente sul banco di roccia. Il piano inferiore, che costituiva la cisterna, è costituito da un unico ambiente a pianta circolare e sezione campanata, mentre quello superioresi trova una stanzetta ottagonale coperta da una volta ad ombrello sorretta da robusti costoloni che poggiano su mensole a piramide rovesciata. La torre risale probabilmente alla metà del XIV secolo. Quasi di fronte all’ingresso del castello si erge una piccionaia che appare alla vista come una torretta merlata. Dal castello, grazie alla sua posizione, si possono ammirare le gole scavate dal Fiume Verdura. Recentemente il castello è stato acquisito e parzialmente restaurato dalla Sovrintendenza di Agrigento. Durante i lavori sono venute alla luce delle tombe preistoriche ed un ampio chiostro all’interno del cortile cinquecentesco.

Il Museo Etnoantropologico di Ribera

All’interno della Villa Comunale, in un ampio salone in passato destinato a conferenze e congressi, è presente un museo etnoantropologico, dove sono esposti oltre tremila oggetti della civiltà contadina del territorio agrigentino, di cui alcuni donati da privati, altri dall’Associazione Ribera Verde. Si tratta di un importante patrimonio che testimonia la tradizionale presenza dell’agricoltura nel territorio e ne mantiene il ricordo nel tempo. Il museo è distinto in sezioni ben distinte, tra cui agricoltura e artigianato. Questi due settori, infatti storicamente erano connessi, in quanto l’agricoltura veniva praticata con attrezzi ed arnesi di fattura artigianale, che nel tempo sono stati sostituiti dai mezzi meccanici prodotti industrialmente, che hanno fatto cadere in disuso strumenti e oggetti in passato d’uso quotidiano. Al centro della sala si trovano esposti un carretto siciliano, realizzato artigianalmente da maestranze locali, ed un grande crivello montato su un treppiedi, che un tempo si utilizzava per al cernita e la pulitura del frumento. Nella sezione dedicata all’agricoltura sono esposti, tra le altre cose, aratri in legno ed in ferro, falci, diverse tipologie di zappe, strumenti per la legatura dei covoni di spighe e per la pulitura del grano, nonché tridenti, pale, bisacce, reti per il trasporto della paglia, crivelli in metallo ed in cuoio, contenitori di misura, etc… Nella sezione dedicata all’artigianato sono esposti reperti che testimoniano antichi mestieri, come quelli del calzolaio, del falegname, del sarto, ma anche del macellaio, del fabbro, del barbiere, dello spaccalegna ed altri, oltre agli attrezzi d’uso agricolo di fattura artigianale, come ceste, panieri, coffe, zimmili, etc… Vi è anche una sezione dedicata agli oggetti d’uso domestico, tra cui si possono ammirare piatti ceramica e di terracotta, giare, scolapasta, fiaschi, bilance, ferri da stiro a carbone, pentole, caffettiere, ma anche capi d’abbigliamento, come cappotti in panno, cerate, scarponi, etc .. Insomma una raccolta attenta e paziente volta a non perdere le radici, ma a fare della tradizione uno strumento per la valorizzazione del territorio.

Altri luoghi d’interesse

Oltre ai pochi monumenti restanti a Ribera si possono ammirare il palazzo municipale e la casa dello statista Francesco Crispi. Egli infatti nacque da Tommso e Giuseppe Genova nel 1818 nella casa posta nell’attuale corso Umberto, un tempo via della Piazza e poi corso Maggiore, angolo via Francesco Crispi. Importante uomo politico, ebbe tra i numerosi e insigni incarichi ebbe quello di Presidente del Consiglio, dal 1887 al 1891 e dal 1893 al 1896. Inoltre a soli 13 chilometri da Ribera si trova il Borgo Bonsignore, edificato in epoca fascista con l’obiettivo di colonizzare del latifondo; con il passare del tempo il borgo si è trasformato in una zona residenziale estiva, grazie all’edificazione di numerose case rurali.