Sicani, Fenici, Greci, Romani e poi ancora Arabi, Normanni, Svevi, Aragonesi, Spagnoli, Borboni, prima di arrivare al Regno d’Italia ed all’autonomia dell’Isola. Una storia lunga millenni in cui la Sicilia è sempre stata terra d’accoglienza, crocevia di popoli e culture diverse a volte incontratesi, altre scontratresi, ma sempre portatrici di un qualcosa che tuttora è visibile nei reperti archeologici o nei monumenti. In tal senso ciascun monumento è espressione di un’epoca e di un popolo ed esprime al guardarlo un ricordo che manifesta l’identità di un’Isola che di volti ne ha proprio tanti. Il basso Belice Carboj, come la Sicilia nel suo complesso, è sintesi di una storia diversa da un luogo all’altro, ma che pur ha un suo filo conduttore, magari lontano migliaia di anni e che oggi si esprime e parla attraverso i monumenti e le opere d’arte, quelle note al turista, ma anche quelle meno note perché magari non inserite in circuiti turistici.

D’altronde la variabilità dei luoghi, degli ambienti, delle espressioni artistiche che nell’Isola, come nel basso Belice si ritrovano, sono tali da giustificare l’attivazione anche di nuovi percorsi turistici, capaci di condurre il visitatore più attento ad una conoscenza che va ben oltre l’importante Valle dei Templi, patrimonio dell’umanità e pertanto nota a tutti, ma che arrivi anche in paesi dell’entroterra che tanto hanno da offrire in termini di storia e monumenti, oltre che di paesaggi e ambiente. Il territorio del basso Belice Carboj evidenzia, pur con le diversalità dei singoli paesi, delle connotazioni storiche e preistoriche interessanti. La presenza dell’uomo, secondo quanto attestano le recenti scoperte di tombe, utensili in pietra e ciottoli lavorati, risalirebbe nel territorio di Sciacca al Paleolitico inferiore, il più antico periodo preistorico nella cronologia, che insieme ai successivi Mesolitico e Neolitico costituisce la cosiddetta “età della Pietra”. Quest’ultima copre quasi l’intera storia dell’esistenza dell’uomo sulla Terra.

Una presenza antichissima dunque, che da millenni si perpetua passando dalla preistoria alla storia fino arrivare ai giorni nostri, attraverso popoli ed epoche diverse. I Sicani presiedevano la zona a Nord e Nord-Ovest del territorio del basso Belice, dove l’antropizzazione sembra risalire all’XI secolo a.C. Secondo alcuni storici l’altopiano che occupa la parte occidentale e meridionale dei monti Sicani anticamente era conosciuto con il nome di Cràtas (dal greco massiccio, imponente, forte). In quest’area fiorirono i centri sicani di Triòcala, Kràstos, Schera, Hippana, Scirtea , Allava, Troccoli, Camico. Sin dalle sue origini il Cràtas è stato un laboratorio del pensiero storico, sociale e politico, teatro anche di numerose battaglie. Cocalo, re sicano, a cui è legata la spedizione di Minosse in Sicilia, aveva fatto di Camico, stante allo Schubring l’attuale Caltabellotta, la sua roccaforte. Mentre sull’attuale Monte Cristia pare fosse posizionata la città sicana di Scirtea, che rappresentò il punto di riferimento per tutti gli schiavi che si trovavano nell’Isola intorno al I secolo a.C. e che diedero vita alle guerre servili. Fu proprio durante la seconda guerra servile che Scirtea venne rasa al suolo dai Romani, nell’anno 104 a.C., per l’appoggio logistico e militare dato agli schiavi.

La più antica testimonianza della presenza dei Fenici lungo le coste meridionali della Sicilia e giunta proprio dal mare del basso Belice: si tratta di una statuetta raffigurante un personaggio in atteggiamento guerriero, che si ritiene raffiguri Melkart, divinità fenicia. E poi a nord di Sambuca c’è Adranone, un insediamento greco-punico risalente al VII-VI secolo a.C., ritenuto il centro greco-punico più importante della Sicilia. Anche Adranone, come Scirtea, venne rasa a suolo per avere dato appoggio incondizionato agli schiavi. Ad Adranone, infatti, gli schiavi trovarono calorosa accoglienza, poiché la città era devota al culto del dio Adrano, divinità sacra agli schiavi e simbolo di ospitalità. Il dominio cartaginese è attestato anche dalla scoperta di un centro punico fortificato del IV e III sec. a.C. situato sulla sommità e sulle pendici orientali della Rocca Nadore in territorio di Sciacca. La zona costiera invece dal 650 a.C. fu conquistata dai Greci di Megara Ibla, che fondarono Selinunte e innestarono la loro cultura sulla precedente fenicio-punica.

L’attuale borgo marinaro di Porto Palo a Menfi divenne attracco della colonia Megarese di Selinunte, approdo già conosciuto ed utilizzato sia dai Fenici che dai Micenei dalla media età del bronzo; mentre Sciacca per la sua posizione centrale rispetto al bacino del Mediterraneo e per l’importanza dal punto di vista termale per l’utilizzo delle acque e delle stufe vaporose del Monte Kronio, divenne castello di confine del territorio selinuntino. Dopo la distruzione di Selinunte da parte dei Cartaginesi nel 409 a.C., una parte degli scampati si rifugiò proprio a Sciacca. Quando poi la Sicilia fu unificata sotto il dominio di Roma e sulla civiltà greca si innestò quella latina, nel territorio del basso Belice sorsero tante ville rustiche e fattorie per garantire la produzione di grano e dal porto di Sciacca partivano le navi per rifornire l’impero di grano siciliano, per cui la Sicilia diviene il “granaio” di Roma. L’importanza di Sciacca aumentò ed il centro fu chiamato dai Romani Therme Selinuntinae, ma dal punto di vista del commercio l’importanza di Sciacca aumentò ancor di più durante il lungo periodo della dominazione araba. La presenza degli Arabi nel basso Belice la si trova anche in altri luoghi: sul lago Arancio, la fortezza di Mazzallakkar, che viene nascosta dall’acqua quando il lago è pieno, ricorda che un tempo lì sorgeva una torre di guardia a controllo delle coltivazioni e dell’allevamento di pesci d’acqua dolce.

La conquista musulmana vide anche la costruzione in agro dell’attuale cittadina di Menfi di un iqlim distretto militare a controllo dei casali, dal nome di Burgiomilluso (borgo ubertoso). Sorse anche il casale arabo di Manzil-el-Sindi, la futura Santa Margherita di Belice e nell’anno 827 fu fondata Zabut, l’antica Sambuca. Un periodo felice per l’urbanizzazione dell’Isola fu poi quello compreso tra il 1500 ed il 1700, in cui sorsero molti insediamenti urbani che gli studiosi chiamano “città nuove” in posizioni più favorevoli allo sviluppo dell’agricoltura. Infatti a quell’epoca lo Stato Spagnolo, che governava la Sicilia, concedeva la licentia populandi, che consentiva di fondare un centro urbano godendo di alcuni privilegi per il fondatore, ad esempio il titolo di Principe o Grande di Spagna o un voto in più in parlamento.

A tale periodo risale la nascita di Santa Margherita di Belice, Montevago, Sambuca di Sicilia e Ribera. Vi sono nel basso Belice dei luoghi dove anche le pietre parlano, altri dove conoscendone la storia sembra di sentire l’eco di antiche battaglie, altri ancora dove lo sguardo si perde dinanzi a monumenti, senz’altro più recenti delle “pietre”, ma che testimoniano invece un’altra storia, quella della presenza di Arabi, Normanni, Svevi, Aragonesi, Spagnoli, uomini che hanno vissuto in quest’Isola, lasciando opere capaci di estasiare anche i meno esperti conoscitori d’arte. Guardare alla storia dei paesi del basso Belice è come guardare quest’Isola, dove ogni paese vanta le sue origini, la sua storia, le opere d’arte, tutte pregevoli singolarmente, ma capaci solo insieme di far conoscere la Sicilia come mosaico di storia e civiltà.