Non ultima tra le città famose della Sicilia, Sciacca, in Sicilia, ha una storia ricca ed importante. La sua antichità, con tante mutazioni di governo nelle varie epoche, il suo popolo e il suo agro, i fatti memorabili di cui è stato teatro, le molte istituzioni pubbliche di beneficenza e di culto che vi furono, e che vi sono, offrono un contributo di memorie storiche, da interessare non solo i suoi abitanti ma anche i forestieri. Secondo gli storici (Licata, Ciaccio, Savasta, Scaturro), i primi ad imporvi il nome furono i Greci ed i Cartaginesi, i quali dalle sorgenti delle acque calde per uso bagni, la denominarono Terma. Indi fu detta e poi dagli Arabi Saqqah o Sacca, nomi entrambi corrispondenti all’antica Terma, cioè acque calde e bagni. Ed infine, dalla diversità di pronunzia, ne venne il latino Sacca ed il volgare Sciacca, che è l’attuale nome. Le origini sono antichissime, e per mancanza di reperti e documenti è difficile stabilire una precisa data di fondazione. Le recenti scoperte di numerose tombe, utensili in pietra, ciottoli lavorati, testimoniano la presenza dell’uomo già nel periodo paleolitico inferiore. Con la fondazione di Selinunte da parte dei cartaginesi nel 409 a.C., molti degli scampati si rifugiarono ad Agrigento ed in maggior numero a Sciacca, accrescendone la popolazione e dando un nuovo impulso a molte attività produttive. Il dominio cartaginese è attestato dalla scoperta di un centro punico fortificato del IV e III secolo a.C. situato sulla sommità e sulle pendici orientali della Rocca Nadore. Dopo la prima guerra punica (264-241 a.C.) l’importanza del centro aumentò sotto i romani che lo chiamarono Thermae Selinuntinae: dal suo porto partivano navi per rifornire l’impero di grano siciliano. Intorno al 340 d.C. al tempo degli imperatori Costante e Costanzo, diventò sede della più importante stazione postale della Sicilia, denominata Acquae Labados. Sciacca, data la posizione sul mare, subì le incursioni e devastazioni barbariche. Alla caduta dell’Impero fece seguito un periodo di decadenza con il dominio bizantino, che durò tre secoli, durante il quale è certa nel territorio la presenza di monaci eremiti fra cui San Calogero che, dopo aver introdotto il cristianesimo in vari paesi dell’isola, si fermò a Sciacca dove visse da eremita in una grotta, ancora oggi venerata, presso le stufe vaporose del Monte Kronio, chiamato anche San Calogero. La città assunse importanza commerciale durante il lungo periodo della dominazione araba (827-1027), a cui seguì quella normanna. Nel 1101 il Conte Ruggero la donò alla figlia Giulietta e dei figli, Sciacca ritornò al Demanio Regio, cioè alla Corona. La popolazione era composta da Greci, Arabi, Normanni, Ebrei. Seguì un periodo Svevo (1189-1269) durante il quale Federico II nel 1246 concesse a tutte le città demaniali la rappresentanza politica nei parlamenti. Nei primi del 1270 passò sotto il dominio angioino. Durante la guerra successiva ai vespri, Sciacca, guidata da Federico Incisa resistette all’assedio degli Angioini, costringendo l’armata già decimata di Carlo di Valois a ritirarsi. Il 31 agosto 1302 fu firmata la Pace detta di Caltabellotta. Dieci anni dopo riprese la guerra tra Napoli e la Sicilia che durò 60 anni. Nel 1316 Sciacca subì l’assedio degli Angioini che tuttavia, dopo numerose incursioni negli bagli fuori delle mura della città, furono costretti a toglierli. A quel periodo risale l’ampliamento della cerchia muraria, voluto da Federico II d’Aragona, comprendendo anche i borghi di Rabato, della Cadda e di Mezzo. Morto Federico III, gli successe la figlia Maria che divise l’Isola in quattro territori, affidandoli a quattro vicari. Sciacca divenne capitale di uno di questi territori ed ebbe come vicario Guglielmo Peralta (1377) che si schierò con i baroni ribelli contro il Re Martino, quando questi, con la moglie Maria, cominciò a spadroneggiare in Sicilia. A Guglielmo Peralta, successe Nicolò che morì nell’ottobre del 1399. Re Martino, nell’intento di assicurarsi l’appoggio della “casa Peralta”, che era di altissima condizione e possedeva gran parte del regno”, diede in sposa a Don Artale Luna, suo zio, la secondogenita di Nicolò: Margherita. Iniziò così quello che è noto come il “caso di Sciacca” nel quale furono coinvolte, in una lunga lotta che si trascinò per oltre un secolo, le due più importanti famiglie del luogo: i Luna, di origine catalana ed i Perollo, di discendenza normanna. Tale “faida” ebbe il suo tragico epilogo nel 1529 con l’uccisione di Giacomo Perollo e di alcuni suoi fedeli da parte di Sigismondo Luna. Nel 1734 fu la volta della dominazione borbonica, e fino ai giorni nostri la storia di Sciacca coincide ad eccezione di qualche interessante episodio, con quella della Sicilia. Nel 1831, al largo di Sciacca, emerse un’isola di origine vulcanica chiamata Ferdinandea. L’isola contesa da tre Stati, si inabissò gradualmente fino a scomparire dopo pochi mesi. Nel 1860 Garibaldi aveva programmato lo sbarco dei mille a Sciacca, ma la presenze delle flotte borboniche che incrociava nelle sue coste lo indusse a sbarcare a Marsala. Quando, dopo la proclamazione del regno d’Italia, i siciliani ebbero la sensazione di essere passati dalla dominazione borbonica a quella piemontese, anche Sciacca visse un periodo di risveglio politico, grazie al quale ebbe un degno rappresentante al Parlamento: l’ex mazziniano Saverio Friscia. Nel 1875 si scoprì nelle acque di Sciacca un ricchissimo banco di corallo che diede un nuovo impulso all’economia saccense. Esauritisi i banchi di corallo, nel 1881, iniziò un periodo di crisi economica che continuò per tutto il periodo fascista. A partire degli anni sessanta anche a Sciacca si cominciano a sentire i benefici del boom economico. In questi anni furono avviate numerose attività commerciali, industriali e si ebbe la rinascita della ceramica smaltata, le cui origini risalgono nel X secolo dopo Cristo quando in Sicilia fu introdotto l’uso della “rota da vasaio”. Notizie delle officine maioliche di Sciacca vengono riportate nell’opera storiografica di Giuseppe Carnevale. Attualmente il settore della ceramica gode un momento di grande successo. A partire dagli anni Settanta Sciacca è stata attenzionata da diversi operatori alberghieri che riconoscendo le potenzialità turistiche e termali del territorio hanno deciso di investire nella costruzione di insediamenti turistici/alberghieri di rilevante importanza, così negli anni Ottanta sono stati realizzati gli alberghi di Sciaccamare e di Torre Macauda. Recentemente altri imprenditori hanno deciso di investire nel territorio saccense. Oggi Sciacca punta al turismo come settore di sviluppo, dove dovrebbero convergere tutte le altre attività economiche quali agricoltura, pesca e artigiano.

I Monumenti e le Opere d’Arte di Sciacca

La Basilica di Maria Santissima del Soccorso

La Chiesa Madre di Sciacca, oggi Basilica di Maria Santissima del Soccorso, fu fondata agli inizi del XII secolo dalla contessa normanna Giulietta, ma fu ricostruita tra il 1656 ed il 1683. Sulla facciata si possono ammirare le statue della Maddalena ed i Santi Pietro e Paolo, opera di Antonio e Domenico Gagini. L’interno è diviso in tre navate, di cui la parte centrale è decorata d’affreschi raffiguranti l’Apocalisse e storie della vita della Maddalena. Ai lati del presbiterio si trovano a sinistra il Crocefisso ligneo del Cinquecento, a destra l’icona marmorea del 1581 di Antonio Gagini; sull’Altare maggiore è posta la statua cinquecentesca della Patrona, la Madonna del Soccorso; altre opere importanti sono i sarcofagi marmorei del Cinquecento, la statua della Madonna della Catena, attribuita a Francesco Laurana, un’ancora e, nel Battistero, una fonte battesimale del 1491.

La Chiesa del Collegio

Fu eretta nel 1613 e completata nel 1752. Ha pianta basilicale ad una navata molto ampia (50×20 metri), con volta a botte ed è ricca di affreschi e stucchi che la rendono elegante. Custodisce al suo interno numerose opere d’arte pregevoli, tra cui il sarcofago marmoreo contenente le ossa di Giovanni Battisti Perollo, fondatore della Chiesa, che la donò ai Gesuiti o Compagnia di Gesù; sull’altare maggiore, dedicato a San Giovanni Battista si trova un grande quadro del Domenichino, altre tele sono l’Adorazione dei Magi di Giovanni Portaluni e l’Immacolata Concezione di Michele Blasco. Il prospetto della chiesa è incompleto ed in stile barocco.

Il Collegio dei Padri Gesuiti

Oggi è sede dell’amministrazione comunale e della Biblioteca civica. L’edificio, appartenuto ai padri gesuiti e dedicato a San Giovanni Battista, risale al XVII secolo e fu costruito contemporaneamente alla chiesa del Collegio; fu eretto in due tempi: prima la parte superiore attigua alla chiesa, poi la parte inferiore che fu completata nel 1825; si sviluppa intorno a due atri situati a diversa quota. L’atrio superiore (ex chiostro) del collegio fu costruito negli anni 1640-1645. Ha delle eleganti colonne sormontate da archi a pieno centro. In alto, una balaustra in pietra locale delimitata una terrazza.

La Chiesa del Purgatorio

Anticamente fu una delle più ricche chiese della città. Fu fondata nel 1330, ricostruita nel 1480 e nuovamente nel 1825. È ad una sola navata e vi si trovavano quadratele di autori saccensi: la Madonna con Sant’Anna e San Gioacchino e la fuga in Egitto attribuiti al pittore Gaspare Testone, l’Immacolata attribuita al pittore Giuseppe Sabella. Sull’altare maggiore, era collocata la grande tela della Vergine che consola le anime del Purgatorio, del celebre Mariano Rossi, recentemente rubata.

La Chiesa di San Leonardo

Alla sua fondazione la chiesetta fu dedicata a Santa Maria della Neve. Ebbe il titolo di San Leonardo dopo il 1570 per un altare in onore di questo Santo. All’interno alcune lesene dividono le cappelle. All’esterno la facciata è liscia, ai lati è delimitata da due cantoni in pietra locale, ha il portale coronato da un pesante frontone. Al suo interno si trova una cassa con il Cristo morente, che ogni anno viene posto sulla croce del Calvario il Venerdì Santo.

La Chiesa di San Domenico

Fondata nel 1534 dallo storico padre domenicano Tommaso Fazello e riedificata nel 1776 su progetto di Ermenegildo Vetrano. La facciata prospetta la piazza Angelo Scandagliato e si presenta monocuspidata “a capanna” con conci di tufo a faccia vista. L’interno è un esempio di chiesa di predicazione “a sala” dei frati domenicani, un rettangolo con a lato otto cappelle ove sono esposte opere che raccontano in ciclo pittorico il compito dei domenicani; vi si custodiscono anche due seicenteschi sarcofagi marmorei, quello di Giacomo Tagliavia e quello di Caterina Del Medico, baronessa del Nadore. Recenti restauri hanno portato alla luce una cappella medievale affrescata.

La Chiesa di Santa Margherita

Fu fondata nel 1342 dall’infanta Eleonora d’Aragona ed affidata ai Cavalieri Teutonici nel 1350 che vi annessero il loro ospizio; nel 1594 fu trasformata dal ricco mercante Antonio Pardo. L’interno è barocco, ad unica navata, con una cappella a destra ove è posta l’icona di Santa Margherita con le storie del martirio, opera degli scultori carraresi Bartolomeo Birrittaio e Giuliano Mancino (1504-1512). All’interno è ornata da grandi quadri di Giovanni Portaluni, di Michele Blasco, di Gaspare Testone, e da stucchi di Orazio Ferraro; possiede un bell’organo settecentesco a canne, opera di La Grassa, posto dentro un tabernacolo ligneo. L’esterno della chiesa risale al 1595 e possiede un rosone e due interessanti portali: uno in stile gotico-catalano orna la facciata principale; l’altro in marmo bianco, decora il prospetto di tramontana e fu eseguito da Francesco Laurana.

La Chiesa del Carmine

Si caratterizza per il suo bel rosone gotico, appartenente all’antica chiesa dedicata al Salvatore. La chiesa fu riedificata nel ‘700 dall’architetto Andrea Giganti. Custodisce particolari opere artistiche tra le quali: un dipinto raffigurante San’Antonio Abate o Sant’Angelo, del saccense Michele Blasco (1664); una statua di San Vito, di autore ignoto (1566); il Transito di Maria, tela di Giovan Paolo Fondulli, detto il Cremonese (1572) il Battesimo di Gesù, lavoro in maiolica policroma di Calogero Curreri (1961); e il sarcofago di Gilberto Perollo, nobile normanno. Nel 1807 la chiesa fu sormontata da una scuola, la cui calotta è rivestita in mattonelle di colore verde smeraldo. Attiguo alla chiesa era il convento, oggi casa circondariale.

La Chiesa di Sant’Agostino

Fu eretta nel 1753 in stile barocco; la sua facciata è rimasta in gran parte in rustico, mentre l’interno è a tre navate, diviso da pilastri, e contiene numerosi dipinti tra cui quelli che raccontano il compito degli agostiniani, la tela di Santo Bernaba, quelle di Tommaso Rossi, di Michele Blasco e di Calogero Tresca. Sull’altare maggiore vi è una statua di marmo della Madonna del Soccorso di Giacomo Gagini, del 1538, che viene portata in processione il giorno 1 febbraio di ogni anno per il Voto.

La Chiesa di Santa Maria di Valverde o delle Giummare

Conserva, della sua primitiva struttura, lo stile arabo normanno. Fu edificata nel XII secolo dalla figlia del Conte Ruggero, Giulietta. Nel XVI secolo è stata rimaneggiata. La facciata ha la caratteristica di un palazzo medievale, a parte il portale e il finestrone centrale di stile barocco. All’interno è adornata di stucchi in oro con quadri di Mariano Rossi e Gaspare Testone. A sinistra della navata vi è una cappella con volta a crociera dedicata alla Madonna delle Grazie nella quale si trova una statua di scuola lauranesca. Dopo la cacciata dei padri cluniacensi (vespri), il monastero fu occupato da monache benedettine che vi rimasero fino al secolo scorso.

La Chiesa San Nicolò la Latina

Fu fondata dalla Contessa Giulietta, figlia del Conte Ruggero, tra il 1100 ed il 1136 e rappresenta un esempio dell’arte siculo-bizantina, ricca di elementi d’arte islamica, fiorita sotto la dominazione normanna. Ad essa era annesso un monastero dei Benedettini di Cluny. Di notevole interesse è la sua facciata monocuspidata “a capanna”, con tre bifore di cui due cieche ed un portale a tutto sesto, scolpito a fasce rincassate, che arricchiva la porta di accesso alla chiesa. L’interno, a croce latina, è ad una navata coperta da un soffitto ligneo a capriate, che termina in tre absidili ove trovano posto tre altari in pietra di cui quello maggiore è dedicato a San Nicolò di Bari.

La Chiesa di San Michele Arcangelo

La chiesa attuale, in stile barocco, fu costruita da Natale Amodeo, un ricco conciapelle e calzolaio devoto a San Michele, nel 1620. Sulla facciata della chiesa si impone un altissimo portale, sovrastato nel secondo ordine da un finestrone. Sul lato interno della facciata si trova una tribuna cantoria del XVIII secolo ed un organo costruito nel 1832. L’impianto della chiesa è a croce latina, a schema basilicale, a tre navate divise da archi a tutto sesto e snelle colonne. Vi si trovano numerose pregevoli opere di pittura e scultura, tra cui una tavola del XV secolo raffigurante San Girolamo con episodi della sua vita, un Crocifisso gotico-catalano, una statua lignea di San Michele Arcangelo, un fonte battesimale marmoreo del 1581, un Ostensorio-reliquario d’argento dorato dove si custodiscono due spine della corona di Cristo. Nella piazzetta antistante si trova la Torre campanaria della chiesa, costruita nel 1550, che si presenta su base quadrata, con una sola finestra su un lato.

La Chiesa dell’Olivella

Nel 1694 fu affidata ai padri di San Filippo Neri che vi annessero un loro convento, dipendente dal convento dell’Olivella di Palermo. La facciata della chiesetta, in stile barocco, è liscia e cuspidata. All’interno tre gradini in marmo rosso sollevano l’altare con l’antica immagine della Madonna dell’Arco.

La Chiesa di Santa Maria dell’Itria o Badia Grande

Fu ricostruita nel Settecento su un precedente impianto trecentesco su progetto del trapanese Luciano Gambino. Possiede un bel portale ad intaglio ed un’interessante baggetta. La facciata dallo schema semplice, assume preziosità barocche nella sovrastante loggia e nell’attico. L’interno, a una navata, con sei cappelle, tre per lato, è ricco di decorazioni in oro zecchino e di opere d’arte, quali le pitture di Gaspare Testone, l’acquasantiera di marmo, una tela di Santa Maria dell’Itria, una statua lignea del Santissimo Crocifisso. In questa chiesa furono sepolti alcuni componenti delle famiglie Peralta e Luna. Annesso alla chiesa si trova il monastero, fondato nel 1380, che era il più grande e ricco della città, da cui il nome dialettale di Bataranni.

La Chiesa di Santa Maria del Giglio

Fu costruita nel 1300 con le offerte dei cittadini e ricostruita prima nel 1565 e poi ancora nel 1641. Si presenta rigorosamente sobria con gusto rinascimentale. Gli intagli della facciata sono di Santo Barnaba. È l’unica chiesa a Sciacca ad avere il vestibolo. L’interno è a croce latina, diviso in tre navate da file di colonne; vi si trovano numerose opere d’arte, tra cui la statua lignea dell’Immacolata, che ogni 8 dicembre viene portata in processione lungo le vie cittadine.

La Chiesa di San Francesco d’Assisi e Convento

Il complesso fu fondato nel XIII secolo e la chiesa fu consacrata nel 1514; conserva il portale originale, mentre l’interno fu rimaneggiato più volte, nel XVII e nel XVIII secolo. Nel XIX secolo il convento fu dato in uso dell’esercito per cui subì profonde trasformazioni per essere adattato a caserma. Oggi, dopo essere stato restaurato, è sede di convegni e mostre.

La Basilica di San Calogero

Posta in cima al Monte Kronio, domina gran parte del territorio agrigentino. Fu costruita nel Cinquecento dove il Santo visse da eremita, e riedificata nella prima metà del XVII secolo. È ad unica navata, con otto altari ai lati e custodisce numerose opere ammirevoli: San Calogero che scaccia i demoni dalla montagna di Luciano Vitabile, San Calogero che sale a monte di Benedetto Violante, il Battesimo di Gesù di Padre Morelli, e poi tante altre come San Girolamo, Sant’Ignazio da Lojola e San Francesco Saverio, La Natività, etc… di autori ignoti. Di notevole importanza artistica è la statua di San Calogero, lavorata da Antonello e Giacomo Gagini nel 1535. L’interno della chiesa è abbellito da stucchi di Luciano Vitabile.

Il Castello dei Luna

Il castello ricostruito nel 1380 dal Conte Peralta, Vicario del regno di Sicilia, occupa una superfie di 1.900 metri quadrati, è delimitato da una cinta di mura perimetrali, sorge sulla roccia viva e si compone di quattro parti: la cinta, il mastio, il palazzo comitale e la torre cilindrica. La cinta, dalla pianta poligonale e formata da mura alte e robuste, con uno spessore poligonale e formata da mura alte e robuste, con uno spessore di due metri, serviva alla difesa esterna. Il mastio, cioè la torre maestra a pianta quadrangolare di spessore 2,5 metri, aveva la funzione di sorvegliare la cinta, il terreno esterno e il cortile interno; di esso resta oggi soltanto la base. La torre cilindrica si trova nel perimetro della cinta, è a due piani, dalle volte costruite con conci accostati a coltello. Del palazzo del Conte, a pianta rettangolare, che occupava il lato Ovest del castello, resta oggi soltanto l’alto muro esterno con quattro ampie finestre dalle quali si può ammirare il panorama della città. L’ingresso era situato a Nord ed era munito di ponte levatoio, che serviva per superare un fossato. Sull’arco d’ingresso era posto lo stemma dei Peralta.

Le Mura De Vega

Iniziano ai limiti del castello e delimitavano la città. In realtà le prime mura a difesa della città di Sciacca furono costruite dal Re Kocalo, ma successivamente nel 1335 re Federico II d’Aragona ne estese il perimetro circoscrivendo i borghi rimasti all’esterno. Nel XVI secolo poi, con l’imperatore Carlo V, il Vicerè De Vega le fece fortificare munendole anche dei bastioni armati di cannoni. Sant’Agata, Alfiere, Porta Bagni, Santa Margherita o del Salvatore.

Il Castello Vecchio

Fu eretto dal Conte Ruggero su un pianoro roccioso come dongione normanno, cioè torre rotonda circondata da un muro di cinta; poi passò alla famiglia Perollo che lo tenne fino al 1529, quando fu distrutto per opera dei Luna. Il Castello era munito di torri angolari ed aveva tre ingressi, di cui rimane solo quello ad occidente (cortile Chiodi) con la porta ad arco ed il sovrastante stemma marmoreo dei Perollo. Il Castello Perollo si estendeva dalla via Perollo alle vie Licata e Valverde e si presentava come un informe rettangolo irregolare costituito da un complesso di torri bastionate incastrate nella roccia; la cerchia muraria era completata da due alti bastioni, San Pietro e San Nicolò. Fu teatro del sanguinoso scontro fra le famiglie Luna e Perollo, che si potrasse per decine di anni, denominato il “caso di Sciacca”.

Il Palazzo Argomento Perollo

Si tratta di una dimora abitativa eretta nel XV secolo, di cui sul prospetto rimangono tre bifore tardo gotiche e, nel cortile, una scala catalana. Il balcone risale al ‘700. Originariamente apparteneva alla famiglia Argomento, passò ai Perollo per diritto maritale, poi nuovamente agli Argomento ed infine agli Arone. La sua fama è legata tuttavia a Giacomo Perollo, barone di Pandolfina, che fu ucciso a pugnalate e legato a cavallo condotto per le vie di Sciacca per poi essere abbandonato davanti a questa abitazione.

Il Palazzo Steripinto

Si tratta di una singolare costruzione di stile-catalano del 1501 tra i più classici esempi di arte plateresca in Sicilia. Sulla facciata ornata da una fitta serie di bugne in tufo arenario a forma di diamante, si aprono il portale d’ingresso dagli stipiti scanalati, due finestrelle rettangolari agli angoli, all’altezza del portale, e tre bifore gotiche nel piano superiore. I capitelli delle colonnine delle bifore recano lo stemma della casa Noceto, il cui simbolo è il noce. In alto l’edificio è ornato da merli. Il nome Steripinto deriva da hosterium, cioè palazzo fortificato, e pictum cioè ornato. Lo Steripinto fu fondato da Gerardo Noceto, naturalista e medico saccense, morto nel 1545.

Il Palazzo Inveges

Appartenne alla nobile famiglia Inveges, di origine catalana, giunta in Sicilia al seguito di re Pietro I d’Aragona ed a Sciacca nel 1398. Della struttura originaria rimangono balconi con le ringhiere a petto d’oca ed il portale in stile barocco.

Il Palazzo Tagliavia di San Giacomo

Opera ottocentesca progettata dall’architetto Gravanti. Il prospetto è in stile neogotico, mentre il prospetto sul corso Vittorio Emanuele è stile impero ed è caratterizzato da un balcone lungo l’intera facciata. Il palazzo ospitò Re Ferdinando I, di passaggio a Sciacca.

Il Palazzo Graffeo

Il Palazzo Graffeo mostra nella facciata un pesante portale in pietra nello stile barocco, sovrastato da un balcone con ringhiere a petto d’oca, sostenuto da mensole intagliate.

Il Palazzo Arone di Valentino

Si fa risalire al secolo XV, ma fu ricostruito su progetto dell’architetto Gravanti che ne rispettò la facciata originaria di stile tardo gotico. È una struttura merlata con due bifore ed una trifora al di sopra della quale si può ancora ammirare lo stemma della famiglia Arone Tagliavia. Proprio davanti a questo edificio fu ucciso Girolamo Ferraro dai sicari di Sigismondo Luna, conte di Caltabellotta, durante la più grande guerra di mafia della storia di Sciacca, nota come “il caso di Sciacca”.

La Torre di Pardo

È una costruzione di epoca medievale, dimora del nobile mercante catalano Antonio Pardo. La torre si articola su tre elevazioni. All’epoca medievale le case-torri avevano funzione di difesa e venivano erette dalle famiglie nobili accanto ai loro palazzi ed alle loro case, quale simbolo di potenza. La casa-torre di Pardo era una costruzione in conci di tufo cimata in alto. Al piano terreno vi era un’apotheca di stoffe colorate, al piano nobile lo studio del padrone, il terzo piano costituiva l’abitazione vera e propria rappresentata dalla stanza da letto ove pure si ricevevano gli ospiti, mentre la cucina era situata all’ultimo piano per dare sfogo al fumo.

I Quartieri di Sciacca

I principali quartieri storici di Sciacca sono rappresentati da: “Rhabbat” o “Rabato” (origine normanna), che significa mercato, che l’area dedicata al commercio, alle attività, ai negozi. Confinante con la terra vecchia, includeva: la chiesa di San Michele, la chiesa di Santa Caterina, la chiesa del Purgatorio, il Palazzo Inveges, il collegio dei Gesuiti. “Cadda” o “ghetto degli Ebrei” occupava la zona Nord-Est della città, caratterizzata da edilizia popolare. Sono in quest’area: la chiesa di San Leonardo, la chiesa di San Francesco di Paola, la chiesa di San Vito. “Quartiere di Mezzo” era un’area di forma rettangolare occupante tutto il versante est della città e possiamo vedere in quest’area: la Porta Palermo, il Palazzo Steripinto, il convento dei Frati Carmelitani, la porta del Salvatore, la chiesa di Santa Margherita, la torre di Pardo e il convento di San Domenico. Il “Quartiere dei Marinai”, si presenta come un vero e proprio labirinto, formato da stretti vicoli, scalinate e cortili chiusi di varie forme e dimensioni. In esso si trovano l’ex chiesa di San Lorenzo, eretta verso il 1500 da Antonio Medici, sconsacrata, e la chiesa di Santa Maria dell’Itria.

Le Porte di Sciacca

Sciacca era accessibile da diverse porte che, ubicate in vari punti della città, ne consentivano l’accesso. Nei secoli, in seguito all’allargamento della cittadina, queste sono state modificate ed altre trasferite. Di seguito si ricordano le principali: “Porta del Salvatore” e i due bastoni, detti rispettivamente del Salvatore o dell’Alfiere, progettati dall’ingegnere militare Pietro Prado; prende il nome dalla chiesa del Salvatore (oggi Chiesa del Carmine) ed è rinascimentale di gusto spagnolo moresco; le sue colonne sono sostenute da due elefanti stilofori e la facciata è riccamente ornata. In cima si trovano tre stemmi scolpiti in pietra. “Porta Palermo”, è la meno antica e fu edificata nel 1753, nel sito dove sorgeva la più antica. La facciata esterna è prettamente barocca, con quattro colonne bugnate ai lati del fornice e le volute dell’attico; l’aquila lapidea dalle ali spiegate in cima al fastigio incielato è il simbolo della Casa allora regnante. “Porta San Calogero”, al di là della quale si scorge un lungo tratto delle mura cinquecentesche. Di tipo megalitico, è strutturata con grandi bugne radicali, con accanto posta a sua difesa una torre munita di merli e feritoie. “Porta dei Bagni”, oggi non più esistente, fu realizzata nell’Ottocento su disegno dell’architetto Onofrio Luna. Insisteva sull’odierna piazza Saverio Friscia, ottenuta dallo sventramento dell’antico largo dei Figuli o Terra Vecchia.

La Casa Museo Francesco Scaglione

La Casa-Museo, inaugurata nel 1988 dal Comune di Sciacca e dalla Sovrintendenza per i Beni Culturali di Agrigento, ha sede nel Palazzo Scaglione, una costruzione ottocentesca posta a sinistra del Duomo. All’interno si conserva il patrimonio raccolto negli anni e donato al Comune da Francesco Scaglione, che animato da interessi culturali e scientifici e spinto dal desiderio di raccogliere tutti gli oggetti d’arte e cose antiche, riuscì in breve a costituire un notevole patrimonio che conservò nel palazzetto ottocentesco di famiglia. Si tratta di pregevoli opere d’arte, in una collezione di ceramiche, porcellane, ma anche dipinti, stampe, sculture, una raccolta di materiale archeologico e numismatico e, tra gli oggetti preziosi, una croce in avorio del Settecento e una formella argentea della metà del Cinquecento. Nella stanza del Paracqua, spazio arredato con mobili dell’artigianato siciliano del XIX e degli inizi del XX secolo, si trovano dipinti seicenteschi, fra cui una Madonna col Bambino riferibile a Giovanni Portaluni di Licata. Il nucleo più cospicuo delle opere pittoresche si trovano nel Camerone, prospiciente un raccolto giardino pensile, il salone ricevimenti, dove si può ammirare il pianoforte a coda Philippe, il tavolo tondo intarsiato e gli oggetti della moda del tempo. Qui sono state esposte tele settecentesche riferibili a Giuseppe Tresca, Gaspare Testone e Mariano Rossi, pittore quest’ultimo di prestigio, una pittura sul vetro di Giuseppe Martorana e di Domenico Provenzani. Si inseriscono, in questo ambiente i piccoli bronzi dello scultore Vincenzo Bentivenga, raccolti nella saletta attigua al salone. Tra le ceramiche vi sono esemplari di Sciacca, Burgio, Caltagirone, ma anche di altre parti d’Italia (Savona, Castelli, Cerreto Sannita, Napoli); mentre la sezione dedicata alla porcellana comprende pezzi di Doccia, Capodimonte, Vezzi, oltre a esemplari tedeschi e francesi e a due piatti istoriati della fabbrica di Vienna. Insomma l’interno della casa, con gli arredi del tempo, è uno spaccato di vita delle famiglie nobili di quegli anni e ricorda l’importanza storico-culturale della cittadina saccense.

L’Antiquarium di Monte Kronio

A Sciacca, sulla cima del Monte Kronio si trova l’Antiquarium, che raccoglie materiale archeologico dall’età neolitica all’epoca greca; si tratta per lo più di frammenti di vasi rinvenuti negli scavi effettuati nelle grotte dello stesso monte. In esso, in oltre, sono esposti pannelli didattico-illustrativi sul fenomeno vaporoso e sulle esplorazioni delle grotte ed è possibile assistere a documentari sul fenomeno carsico del sottosuolo in relazione con le manifestazioni termali.

Il Castello Incantato o Museo delle Teste

In aperta campagna, a pochi chilometri da Sciacca si trova un luogo incantato, suggestivo, inquietante, assumendo un significato oscuro e nello stesso tempo carico di fascino, creato dalla delirante fantasia di questa sorta di artista naif che fu Filippo Bentivegna, al secolo detto Filippo di li testi. Nel podere ci si trova circondati da un numero sterminato di teste dai volti umani, particolarmente suggestivi, intagliati nelle pietre dall’artista autodidatta, di cui alcune opere sono esposte in una sala a lui dedicata nel museo dell’Art Brut di Losanna.