Goetthe nel suo viaggio in Italia definisce “straordinaria Caltabellotta sotto uno spuntone di roccia”, corona una cima della più grande montagna del retroterra di Sciacca, ad un’altezza di 950 metri sul livello del mare da cui dista solo tredici chilometri. Grazie a questa posizione privilegiata panoramicamente, domina un vasto territorio che parte dalle coste trapanesi ad occidente ed arriva fino all’Etna ad oriente. Alcuni studi archeologici, effettuati nel 1866 dall’archeologo tedesco Julius Schunbring, portarono alla luce reperti di notevole valore e diverse necropoli sicane, arrivando ad affermare che questo territorio fu sede della mitica Kamico, capitale sicana e potente roccaforte del re Kokalo, presso cui secondo la mitologia si rifugiò Dedalo insieme al figlio Icaro. Le tracce più antiche della storia di Caltabellotta sono invece delle tombe puniche scavate nella parete rocciosa e la necropoli preistorica nei pressi della chiesetta di Santa Maria della Pietà.

Conosciuta fin dall’antichità proprio per la sua privilegiata posizione strategico offensiva fu teatro di numerose guerre e duri assedi. Nel VI secolo vi approdarono i Greci, che fondarono Triokala, nome che stava a significare tre importanti caratteristiche del luogo: l’imprendibilità, la ricchezza delle acque, la fertilità del suolo. Al tempo della seconda guerra servile (103-99 a.C.), epoca questa sufficientemente documentata e quindi storica, i servi ribelli si asserragliarono in questa località chiamata allora Triokala e resistettero all’esercito romano fino al 99 a.C. anno in cui il console Aquilio li sconfisse. Triokala non si riebbe mai completamente da questo duro colpo anche se, ricostruita e ripopolata, divenne dopo qualche decennio, con San Pellegrino, la prima sede vescovile della Sicilia. Qui San Pellegrino visse in una grotta adiacente all’eremo che prende il suo nome. Secondo la tradizione, San Pellegrino sconfisse il drago che abitava a Caltabellotta nelle grotte sopra le quali sorgono la chiesa ed il convento e che richiedeva il sacrificio giornaliero di un bambino.

Dalla metà del primo secolo fino al 787 fu centro di vita bizantina. Distrutta dagli Arabi, risorse per loro opera nell’originaria acropoli sicana col nome Kalat al-Ballut (rocce delle querce) da cui deriva l’attuale nome e fu in epoca islamica paese di fertili terre. Sul sito dell’antica chiesa fu costruita una moschea con annessa torre adibita a minareto e una torre d’avvistamento. I Normanni la presero nel 1090, ricostruirono il castello ed edificarono chiese e monasteri, facendo della città un importante luogo fortificato. In un casolare nelle campagne tra Sciacca e Caltabellotta fu firmato nel 1302 il trattato di pace tra Carlo D’Angiò e Federico III D’Aragona, noto come “Pace di Caltabellotta”, che pose fine alla lunga guerra del vespro dando inizio all’egemonia spagnola sulla Sicilia. Fu possesso feudale ed elevata al rango di Contea nel 1336. Fino alla fine del XV secolo Caltabellotta fu sede di un’importante e produttiva comunità ebraica. Il suo castello fu una delle fortezze più importanti della Sicilia, dove dimorarono i Peralta dal 1336 ed i Luna dal 1400 fino al 1572 quando passò sotto la signoria dei Moncada; successivamente dal 1713 passò ai Toledo, duchi di Ferrandina, cui appartenne fino all’abolizione del feudalesimo. La riforma amministrativa del Regno, dopo l’unità, ne fece un autonomo mandamento del circondario di Sciacca. La città conserva un impianto urbanistico medievale che occupa la parte alta del centro abitato.

I monumenti e le opere d’arte

La Chiesa Madre

La Chiesa Madre o dell’Assunta si trova nella parte alta e più antica della città. Accanto ad essa si trova una torre campanaria fatta costruire al tempo degli Arabi, e non lontano la Chiesa del Salvatore, mentre alle sue spalle si può scorgere l’antico castello. All’occhio del visitatore si presenta con una grande facciata semplice, monocuspida “a capanna”, ornata da un rosone centrale e da un portale scolpito e riccamente lavorato. L’esterno, per l’apporto murario è una testimonianza della storia della città feudale e nello stile riassume la dominazione normanna. L’interno, a pianta basilicale, è simmetricamente diviso da dieci colonne singole, su bassi zoccoli ad anelli, con arco a sesto acuto. Originariamente le colonne erano affrescate. La prima cappella della navata sinistra, dedicata alla Madonna della Catena, è opera del pittore A. Ferraro ed è adornata di sculture a tutto fondo, tra cui al centro il gruppo degli angeli e della Madonna dell’Assunta, e ai lati i profeti Geremia e Isaia, nonché quelle dei Santi Girolamo, Antonio da Padova, Rocco, Placido, Barbara, Onofrio, Crispino e Crispiniano, Marta, Cecilia e Sebastiano. All’interno della cappella si trova la statua opera di Giacomo Gagini, figlio di Antonello Gagini che fu il più grande scultore della Sicilia del Cinquecento, che inizò l’opera della statua della Madonna col Bambino, completata poi dal figlio Giacomo e posta nella quarta cappella di questa chiesa. A quell’epoca i Gagini erano in Sicilia i principali esponenti della scultura del Rinascimento.

La Chiesa di San Pellegrino

La Chiesa di San Pellegrino, di epoca normanna, si trova in una zona pesaggisticamente semplice ma al tempo stesso sintesi ed espressione di pace e tranquillità. Si presenta con una facciata costituita da un portale barocco, sormontato da un medaglione raffigurante la gloria di San Pellegrino e da una finestra ottagonale, motivo architettonico presente anche in altre chiese. La chiesa fu restaurata nel XVIII secolo ad opera del frate Stefano Montalbano. L’interno è ad una navata, con pavimentazione in mattonelle maiolicate. Sotto al piano di calpestio della chiesa si trova una piccola cripta. Sull’altare si trova un’antica statua in legno del Santo, con bastone e bimbo, a ricordare la leggenda secondo la quale il Santo liberò la città dal drago a cui dovevano ogni giorno immolare un fanciullo. La storia invece racconta che San Pellegrino era stato inviato in Sicilia nel 40 d.C. per diffondere la parola di Cristo. Inoltre si possono ammirare i prodotti in pietra, legati all’agricoltura del tempo (uova, ricotta, pane e formaggio) che il Santo trasformò in pietra perché gli vennero rifiutati durante la questua. Nella Chiesa del Carmine invece si trova l’urna che custodisce le ossa del santo.

L’Eremo di San Pellegrino

Il Santuario di San Pellegrino fu il luogo ove dimorò il Santo Vescovo di Sicilia, nella grotta ove secondo la leggenda sconfisse il drago che si nutriva di carne umana ed a cui la città doveva ogni giorno pagare un tributo offrendo un bambino. L’eremo si trova sul Monte Pellegrino, in una zona di particolare bellezza per gli scenari paesaggistici e la capacità di effondere la pace che viene dal silenzio; esso ha pertanto le caratteristiche dei santuari eremitici, luoghi adatti alla preghiera. Il Santuario è composto da due grotte, un monastero ed una chiesa. La grotta principale è la grotta ove si dice abitasse il drago, al cui interno si trova una nicchia detta lu lettu di lu drau; in fondo vi si trova un altare un tempo adornato da mattonelle maiolicate raffiguranti i personaggi della leggenda ed un altro pannello raffigurante la Madonna con Gesù Bambino tra due angeli in volo che proteggono San Pellegrino ed il fanciullo. L’altra grotta è ritenuta la tomba del Santo, che morì il 30 gennaio del ’90. Sembra che in fondo a questa vi fosse un altare, che poi fu distrutto nella ricerca di un tesoro. In essa si trovano due affreschi settecenteschi con figure di santi. Il monastero attiguo è costituito da un labirinto di celle e corridoi.

La Chiesa di Santa Maria di Monte Carmelo

Di epoca rinascimentale, si presenta con una facciata di tipo capanna; l’interno è ad una sola navata con volta a botte e sei cappelle laterali adornate da altrettanti statue tra le quali spicca quella della Madonna del Carmelo per pregio artistico e per la capacità di esprimere al massimo armonia, grazia e fede. L’altare maggiore è dedicato invece alla Madonna delle Grazie ed è anch’essa un’opera artistica di grande pregio, eseguita da Antonello Gagini nel 1534. La sagrestia è dedicata alle mostre e contiene anche una serie di paramenti sacerdotali. Tra le altre opere d’arte custodite nella chiesa si ricordano: il tabernacolo che contiene l’osso omerale, detto spadduzza di San Pellegrino, un ostensorio a raggi d’oro, diverse tavole dipinte, parametri sacri dei secoli XVI, XVII, XVIII, ricchi di oro, coralli e pietre preziose, nonché alcuni affreschi staccati dalle chiese chiuse al culto.

La Chiesa di Santa Maria dell’Itria

Pur nella sua semplicità l’edificio esprime simmetria, buon gusto artistico ed armonia nelle linee e rappresenta uno dei monumenti più importanti della città. La facciata è cuspidata ed ornata da un portale in pietra grigia sorretto da quattro colonne di cui due tortili. All’interno si trova un organo di artigianato locale ed un gruppo dei tre Calogeri. Davanti a questa chiesa ogni anno l’otto dicembre si festeggia lu diavulazzu, un antico rito in cui si brucia un fantoccio rappresentante il diavolo, che simboleggia anche il passaggio dall’anno vecchio al nuovo.

La Chiesa di Sant’Agostino

La chiesa di Sant’Agostino è una tipica chiesa da pellegrinaggio, un tempo era Monastero dei frati Agostiniani, risale al XVI secolo e si trova nella piazza di Sant’Agostino; in questa piazza ogni anno la quarta domenica di maggio si conclude la processione della Madonna dei Miracoli, ovvero Maria Santissima del Soccorso. La chiesa all’esterno si presenta con una bella facciata di tarda epoca rinascimentale. L’interno, ornato di stucchi è ad una navata con dieci cappelle laterali ed una volta a botte affrescata da sette quadri. L’altare è a quattro colonne, su cui riposa il timpano. L’opera più importante è una scultura in terracotta policroma realizzata nel 1522 da Antonio Ferraro da Giuliana. Essa rappresenta la Deposizione di Gesù dalla Croce e si presenta come una composizione di sette figure a grandezza naturale, con il Cristo morto deposto fra le braccia di Maria, Sua Madre, attorniata da Giovanni, dalla Maddalena e da due pie donne, più avanti sono disposti Giuseppe d’Arimaatea e Nicodemo. Tutte le statue sono molto espressive e denotano una notevole abilità dell’artista che le ha modellate. Originariamente questa scultura si trovava nella chiesa di San Lorenzo, da cui è stata trasferita e ricomposta, quando la chiesa venne chiusa al culto.

La Chiesa di Santa Maria della Pietà

La Chiesetta di Santa Maria della Pietà è uno dei luoghi di culto cristiano più antichi tra quelli presenti nel territorio. Si trova sul Monte delle Nicchie, nella parte più alta del centro urbano di Caltabellotta e vi si accede mediante una serie di gradini intagliati nella roccia. La chiesa è formata da due parti, di cui quella più antica è la parte interna scavata nella roccia, mentre la parte esterna in muratura, ha la forma a capanna con un campanile seicentesco; all’ingresso si trova una porta con architrave arcuato in conci di pietra squadrata, sormontata da una finestra ottagonale. All’interno si trova un moderno altare in pietra, opera dello scultore Salvatore Rizzuti, poggiato alla parete di fondo dove in una nicchia è posta la statua della Pietà. Nella parete c’è un affresco della crocifissione, dell’inizio del XV secolo, mentre sulla destra del Crocifisso è raffigurato San Cono. La chiesa è una testimonianza dell’architettura bizantina.

La Chiesa di San Francesco di Paola

Si tratta di una chiesa chiusa al culto, ma importante per l’antichità delle sue origini e per la monumentalità della sua struttura, il cui primo impianto si fa risalire tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, quando Ruggero il Normanno l’aveva dedicata alla Madonna della Raccomandata. La chiesa nello stile rievoca le sue origini normanne, ma presenta anche altri elementi architettonici goticheggianti. All’esterno l’elemento architettonico principale è il portale, su cui è scolpito a bassorilievo lo stemma votivo adottato da Ruggero il Normanno, cioè l’agnello con croce greca inframmezzato a due colonnine tortili, detto comunemente Agnus Dei. Il prospetto è arricchito da due colonnine, scanalate e sormontate da due capitelli, poste ai lati del portale. Nella parte superiore del prospetto vi sono due finestre di forma rettangolare, probabilmente aperte in un periodo in cui la struttura fu impropriamente adibita ad uso abitativo. I muri perimetrali sono quelli dell’antica struttura normanna. Sul lato minore, rivolto verso est, si trova un arco a tutto sesto, anch’esso realizzato in conci di pietra squadrata, parzialmente tompagnato. All’interno si presenta composta da un’unica navata rettangolare.

La Chiesa del Collegio

Si trova nella parte settentrionale in via Botteghelle (Li putieddi) ed è stata recentemente restaurata. La facciata è in muratura, liscia e cuspidata, delimitata agli angoli da due paraste angolari ed ha un portale, pure in calce, con piccole mensole al di sotto del quale si trova la porta d’ingresso intagliata. Alla sinistra della facciata sorge una torretta campanaria con una piccola campana; mentre lateralmente è provvista di alcune alte paraste poco aggettanti. Nella sua parte alta si trovano dei serafini ed in basso dei rosoni. L’interno è ad una navata con sei cappelle laterali, in cui si trovano le statue di San Francesco di Paola, che una volta si trovava in San Francesco di Paola, della Madonna della Melagrana, di Santo Espedito, della Madonna dormiente o Assunta e di San Benedetto.

Il Palazzo della Signoria

La struttura è stata adibita a carcere sicuramente dall’unità d’Italia fino agli inizi del Novecento ed è nota alla popolazione con il nome di Carcere vecchio. Si trova nella parte alta del paese, chiamata Terra vecchia, una zona ricca di storia e monumenti. L’istituzione di una struttura carceraria a Caltabellotta si fa risalire all’epoca della dominazione spagnola in Sicilia; due lapidi marmoree ritrovate all’interno durante i lavori di restauro ne testimoniano l’uso a sede del Littorio, quando non fù utilizzato come carcere. Dal dopoguerra in poi è stato adibito parzialmente a deposito comunale. La facciata si presenta semplice e mostra connotazioni architettoniche cinque-secentesche, anche se alcuni brani di muratura del piano terra lasciano trasparire la presenza di strutture murarie precedenti. Quattro grosse paraste in pietra locale scandiscono l’alternanza dei pieni e dei vuoti, fra elementi portanti e bucature. Il piano terra è formato da un vano d’ingresso voltato che immette in un atrio scoperto da cui si diparte una scala in pietra a tre rampe con funzione di disimpegno per le varie parti del fabbricato. Il primo piano è composto da altrettanti vani prospicienti sulla via Matrice, mentre la restante parte del piano si allarga verso nord con ambienti ampi e spaziosi, a cui si può accedere da un secondo ingresso posteriore. La struttura è destinata a Museo Civico.

Il Museo del Contadino e del Pastore

Creato nel 1998 da Vincenzo Mulè, il museo raccoglie una serie di attrezzi e ricrea ambienti agropastorali, come la stalla, la zappatura, l’aratura e la semina, la mietitura, l’aia e il raccolto, il grano, la farina e il pane, il focolare e la mensa, l’acqua, l’olio, il vino, il trasporto, la mungitura, il caseificio del pastore. Si trova nella parte alta di Caltabellotta, all’interno di una parte del complesso delle Grotte Sicane.

L’Eremo di Monte vergine a Sant’Anna

Nella vallata sottostante Caltabellotta, a 362 metri s.l.m. a poca distanza dal Fiume Verdura, sorge la frazione di Sant’Anna, fondata da Francesco Alliata, Principe di Villafranca. Nella zona di Sant’Anna si trovano diverse caverne di età preistorica, che nel tardo Medioevo furono abitate dai seguaci di Sant’Agostino, che vi si rifugiarono vivendo come eremiti a seguito delle invasioni dei Vandali giunti in Sicilia dall’Africa, nel periodo compreso tra il V e l’VIII secolo. La più importante di queste caverne è quella che si trova nel promontorio di San Giorgio, chiamata grotta del Monaco e posta di fronte all’Eremo di Montevergine. Quest’ultimo è un insediamento monastico, recentemente restaurato, la cui prima struttura si fa risalire attorno alla metà del IX secolo ad opera dei frati agostiniani, che vi rimasero fino al 1154, allorchè si trasferirono a Caltabellotta, probabilmente a causa di un incendio di cui tuttavia non sono state trovate tracce durante i lavori di restauro. In seguito il sito divenne un Priorato di monaci Basiliani, provenienti dalla Grecia.

Dal punto di vista architettonico si presenta con una edilizia semplice, come quella che caratterizza alcune strutture conventuali della Sicilia. Monte vergine è composto dalla Chiesa e da un Eremo ad essa annesso ed è localizzato a ridosso della zona archeologica di Troccoli, che secondo recenti studi dovrebbe corrispondere alla seconda fase di Triokala, quando si chiamò Trokalis. L’Eremo, posto sul lato destro della chiesa, è strutturato su due piani: a piano terra vi sono locali non molto ampi, adibiti per i lavori dei frati, mentre sul piano superiore sono dislocate le celle e il piccolo campanile. Il complesso è arricchito, inoltre, da una fontana di forma circolare alimentata costantemente da una sorgente. La chiesa è ad una sola navata con tre altari per lato poco profondi; all’interno si conservano alcuni capitelli ritrovati nella zona, pare appartenenti ala non più esistente chiesa di San Giorgio, da cui sembra sia stato tratto anche il portale ogivale decorato. Inoltre vi si custodisce un crocifisso ligneo quattrocentesco venerato dalla comunità in occasione della più importante festa locale. Tale crocifisso, situato sull’altare maggiore, secondo la tradizione pare sia stato dipinto sulle tavole del letto di Santa Brigida e sia stato portato dall’Africa dai seguaci di Sant’Agostino. Esso è il monumento più significativo di Sant’Anna, che per la comunità santannese rappresenta un luogo importante sia per il valore religioso sia per ciò che rappresenta dal punto di vista storico.