La storia del territorio risale ad epoche molto lontane, una data importante è senz’altro quella del 339 a.C., quando sul Crimiso, uno dei rami del fiume che poi unendosi formavano l’antico Hypsa, oggi Belice, avvenne uno scontro tra Greci e Punici; infatti l’altopiano su cui sorge Montevago si trova lungo la linea di demarcazione tra la Sicilia occidentale, sotto l’influenza fenicio-punica, e quella orientale, soggetta invece all’influenza dei Greci. Fu una battaglia importante non solo nella storia di Montevago, ma di tutta l’Isola in quanto da quella vittoria dipese il futuro della civiltà greca nell’Isola. Dopo quella data bisogna arrivare al 827 d.C. per ritrovare un altro avvenimento storico importante, un’altra battaglia campale questa volta combattuta tra l’esercito musulmano e quello bizantino, passata alla storia come “al Balat” dal casale detto Balata.

Era quello il periodo in cui ebbe inizio la conquista della Sicilia da parte dei Musulmani. Dopo la conquista musulmana, si svilupparono villaggi e piccoli nuclei urbani, tra cui il Rahl al Balat, nei pressi della località in seguito chiamata Calatrasi ed il casale ManzilSindi, detto Miserendino, dove poi sorse l’abitato di Montevago. La fondazione del paese risale in effetti al XVII secolo e la si deve alla famiglia Scirotta (o Xirotta), a cui il feudo giunse dopo una serie di vicissitudini. Infatti nel 1392 il feudo Miserendino era stato concesso dal Re Martino ad Antonio Moncada di Montecateno, Conte di Adornò. Quando, cinque anni dopo, Antonio Moncada fu definito ribelle per aver partecipato ad una congiura contro il Re Martino, il feudo gli venne confiscato e concesso al catalano Michele De Imbu. Nel tempo si successero diversi feudatari, tra cui anche i Filangeri, fino a giungere in possesso di Maria Paternò Corbera. In quel periodo il castello divenne dimora principesca ed il feudo si arricchì di costruzioni ed opere d’arte.

Nel 1636 i feudi Adrigna Giappuneri e Serafino di proprietà di Maria Paternò Corbera, con licentia dismembrandi baronia, venivano venduti nel tentativo di sanare la compromessa situazione economica della famiglia Corbera. Ad acquistarli fu donna Girolama Scirotta Platamone, marchesa di Santa Elisabetta, sposata a Don Francesco Scirotta, giudice della Magna Curia Regia di Palermo, a cui fu concessa la licentia populandi, ovvero l’autorizzazione a popolare il feudo di Gipponeri. Si racconta che fu proprio Donna Girolama Scirotta, incantata dalla bellezza dei luoghi a dare il nome di Montevago al territorio, che nel 1641 fu elevato a principato; in tal modo Don Rutilio Scirotta, figlio di Girolama e Don Francesco, fu insignito primo primo principe di Montevago il 15 marzo 1642. L’impianto urbanistico originario, così come le cosiddette “città nuove” “si caratterizzava per lo schema regolare a scacchiera ad andamento complessivo longitudinale S.E.N.O. con comparti di dimensione media, accorpati su più corti interne.

I favorevoli patti agrari e le varie agevolazioni date ai contadini da Don Rutilio, favorirono in breve tempo il popolamento del nuovo paese. Il primo nucleo urbano si sviluppò attorno al palazzo principesco, chiamato impropriamente castello ed all’antica chiesetta di San Domenico, patrono della comunità. Alla morte di Don Rutilio il principato di Montevago passò alla figlia Girolama, che nel 1681 sposò Giovanni Gravina, duca di San Michele, portandosi in dote il principato. Sotto il dominio dei Gravina il paese, già notevolmente sviluppato, ricevette notevole sviluppo territoriale e demografico. La serenità di Montevago fu interrotta la notte del 14 gennaio del 1968, quando il terremoto distrusse tutto ciò che era stato costruito nei tre secoli precedenti e dell’antico paese è rimasto solo un cumulo di macerie.

I monumenti e le opere d’arte di Montevago

Nella storia di Montevago una data importante è stata senz’altro quella recente del 1968, in cui il paese fu colpito e distrutto, e gli abitanti, come tutti quelli dei paesi del Belice, furono messi a dura prova perché se può risultare difficile ricostruire è ancora più difficile riuscire a mantenere integra la propria identità, quando vengono a mancare luoghi, ambienti, monumenti che hanno fatto la storia di un popolo.

La Chiesa Madre

L’antica Chiesa Madre, dedicata ai Santi Pietro e Paolo, fu fondata nel 1712 da Don Giovanni Gravina ed inaugurata nel 1826 dal Cardinale Pietro Gravina, arcivescovo di Palermo e principe di Montevago. La facciata, neoclassica, era in tufo senza intonaco e si articolava su due ordini sovrapposti, separati da un’ampia trabeazione. L’ordine inferiore era ripartito da lesene; all’interno di questi spazi si aprivano: nel corpo centrale, una grande porta sormontata da un timpano triangolare all’interno di un arco a tutto sesto, mentre negli spazi laterali delle porte più piccole sormontate da finestre con timpani triangolari. Il suo interno si articolava in tre navate. Il terremoto del Sessantotto la rase completamente al suolo. Di essa si conserva una tela di presumibile scuola spagnola del 1500, attribuita al pittore Esteban Murillo e raffigurante la Vergine Maria; la tela era stata donata dal Cardinale Pietro Gravina, insieme ad altre pregevoli tele di scuola siciliana (1700 circa) opera del pittore Platania, ed un Fonte Battesimale, in marmo grigio, di scuola gaginiana. I quadri, salvatisi fortunosamente dalla rovina del terremoto, si possono ancor oggi ammirare nella nuova Chiesa Madre, sorta nel nuovo centro di Montevago.

Il Santuario e il quadro della Madonna delle Grazie

Il Santuario della Madonna delle Grazie era stato costruito nel 1778 nello stesso luogo dove era stato trovato sottoterra un affresco su pietra raffigurante la Madonna, di autore ignoto. Nel 1823 poi fu costruito adiacente un convento per monaci, dove abitavano eremiti dell’ordine di Sant’Agostino, successivamente ampliato e trasformato. Il Santuario fu colpito gravemente dal sisma del 15 gennaio, ma distrutto completamente dalla scossa del 25 gennaio 1968. All’interno della chiesa si trovavano cinque altari; nell’altare maggiore vi era l’immagine di Maria Santissima dipinta su pietra. Sul lato destro della chiesa vi erano due altari: nel primo vi era un’immagine su tela di Sant’Antonio di Padova, dipinta dal Sarullo, mentre nel secondo una statua della Madonna delle Grazie. Sul lato sinistro si trovavano: nel primo altare una tela con l’immagine di San Francesco d’Assisi, pure del Sarullo, nel secondo altare una statuetta in cartapesta di San Giuseppe dello scultore Salvatore Cardinale da Mussomeli.

Tra le altre opere degne di rilievo vi era un artistico pulpito di noce, intagliato da Salvatore Saladini da Montevago ed un piccolo organo a cinque registri. Dalle macerie del sisma fu salvato il quadro raffigurante Maria Santissima delle Grazie, sulla cui origine vi sono molte tesi; secondo il Generale Carmelo Giuffrida, studioso di Montevago, il quadro fu nascosto nel fossu du picuraru durante la persecuzione iconoclasta e poi ritrovato da due contadini che videro brillare l’immagine della Madonna riflessa su un masso. Secondo Giuffrida il fossu di lu picuraru era un cunicolo che metteva in comunicazione il santuario, con il sottostante torrente San Nicola, che era una zona ricca d’acqua e con folta vegetazione. Oggi il quadro si conserva nella cappella appositamente costruita.

I nuovi Monumenti

Il paese in realtà dopo il terremoto è stato ricostruito, ma un po’ più in là dalle rovine, che ancora oggi sorprendono il visitatore per la capacità di rievocare non solo la tragedia del Sassantotto, ma anche una storia più antica, che Montevago come ciascun altro paese, non deve dimenticare. La ricostruzione del paese, avvenuta in un sito adiacente al vecchio abitato, si caratterizza per la presenza di ampie vie, inframmezzate da spazi verdi e da un abitato la cui tipologia edilizia è quella degli anni Sessanta-Settanta e dalla presenza di numerosi spazi collettivi. Nel nuovo centro ovviamente si trovano poche tracce della storia antica, quel po’ che si è salvato dalle macerie ed è stato trasferito nei nuovi monumenti. Al centro del nuovo abitato, adiacente al Municipio si trova la Piazza della Repubblica, abbellita da una fontana e dalla scultura dell’artista Giò Pomodoro, dal titolo Sole Nascente; limitrofo un ampio Anfiteatro, che nel periodo estivo diventa sede di molti appuntamenti culturali e ricreativi che attirano numeroso ed interessato pubblico anche dai centri vicini.

Un edificio è poi adibito a Biblioteca Comunale, che accoglie circa tremila volumi. Alla periferia del paese invece si trova la Città dei Ragazzi, costruita con il contributo della Regione Siciliana e con i fondi realizzati dalla vendita di una pubblicazione che raccoglieva testi e disegni scritti pochi giorni prima del terremoto dai ragazzi della scuola media di Montevago in occasione di un tema dal titolo “parla del tuo paese”. La costruzione, progettata dall’ing. Scirè, fu inaugurata il 13 novembre 1982. Il complesso, ovviamente dedicato ai giovani, comprende diversi spazi culturali, cine-teatro, sale riunioni, strutture sportive, campi da tennis, pallavolo e basket. All’ingresso della nuova Montevago si trova la Colonna Votiva, costruita in onore della Madonna Immacolata nel 1966, posta alle spalle del santuario della Madonna delle Grazie.